domenica 17 febbraio 2013

Scene da una laurea (1)

Dopo lunga riflessione, sono giunta ad una conclusione epocale, che voglio condividere con voi: laurearsi, alla fin fine, è la parte più facile di una laurea. No, non ho preso una botta in testa. Adesso mi spiego.

La laurea in sé e per sé, a pensarci bene, non è poi questo gran dramma. A meno che non abbiate frequentato un'università per corrispondenza, infatti, alla laurea si arriva con le ossa irrobustite da lunghi anni di esami deliranti, safari di caccia al professore, nottate di studio e numerosi ricoveri in pronto soccorso per overdose di caffè. Paragonato a tutto questo, il semplice fatto di dover salire su una pedanina (o comunque si usi da voi) e dover recitare una presentazione di un lavoro - per una volta - fatto da voi ad un pubblico per la maggior parte addormentato è, in fin dei conti, una discreta passeggiata.

Quello che non è affatto una passeggiata, invece, è la preparazione a questo epico momento. Supponendo che siate abbastanza fortunati da non aver bisogno di piantare le tende sul pianerottolo del vostro relatore, per convincerlo finalmente della vostra esistenza, dovrete comunque temprare la vostra volontà di laurearvi nel bacino di una considerevole quantità di ostacoli, che mi sono permessa di dividere arbitrariamente in due categorie.

Il primo gruppo è quello della Burocrazia. Sento spesso i miei amici più vecchi sospirare pensando ai loro tempi, quando tutto quanto veniva fatto a mano su una moltitudine di moduli, ed invidiare la moderna informatizzazione dei servizi pubblici.
Ecco. No.
L'informatizzazione è una gran cosa, non c'è dubbio (ne parlerò presto in un post, tenetevi pronti!), premesso però che ci sia un presupposto di base: che serva a sostituire la vecchia burocrazia cartacea. Nel nostro Paese, invece, l'informatizzazione si è semplicemente aggiunta al cartaceo, con il semplice risultato che tutto deve essere fatto due volte: dal vivo e on line.

Mi spiego meglio con un esempio. Il nostro corso di laurea prevede, come unica tassa obbligatoria per laurearsi, il pagamento di una marca da bollo da 14,62 euro. Questo pagamento può avvenire secondo due modalità: on line, attraverso il sito della vostra banca, oppure mediante bollettino bancario.
Ma, e qui viene il bello, non ha alcuna importanza quale modalità scegliate. Perché, in ogni caso, dopo aver pagato dovrete sempre prendere la ricevuta del vostro bollettino, oppure stampare quella del pagamento on line, e farvi tredici ore di coda agli sportelli dell'università per consegnargliela a mano. Come dire, se me lo dicevate prima vi portavo direttamente la marca da bollo e la finivamo lì.


I chiari vantaggi dell'informatica.
Il secondo gruppo di difficoltà, tuttavia, è molto più temibile e si chiama Famiglia. Sì, perché non importa se i vostri genitori siano analfabeti o direttori del CERN, originari di Bolzano o di Palermo, la laurea del figliolo è sempre un evento da festeggiare. Possibilmente in grande stile. Anzi, più grande. Più grande della laurea c'è solo il matrimonio e la nomina a Presidente degli Stati Uniti, suppongo, non avendo sinora provato nessuna delle due opzioni.

Mia madre incarna alla perfezione questo stereotipo. Per esempio, non appena ha saputo il giorno preciso della mia laurea, mi ha subito coinvolto nel turbine dell'organizzazione del ricevimento post-laurea, riuscendo ad includere nella lista degli invitati non solo tutti i parenti, vicini e lontani, non solo gli amici di famiglia, ma perfino persone che ho conosciuto solo per sentito dire e che non mi hanno mai visto in vita loro. E spacciando tutto per una mia idea, tra l'altro, il che ha già provocato diverse faide in famiglia.
Poi c'è la questione del regalo. Che per mia mamma dev'essere qualcosa di bello, signorile e duraturo. Come un orologio d'oro. Terrorizzata al pensiero di dovermi comprare una cassaforte apposta per un oggetto che non metterò mai in vita mia, ho provato a deviare il suo entusiasmo verso qualcosa di meno impegnativo. Al che, la mia mamma si è accorta del mio disagio ed ha generosamente proposto un oggetto di più largo utilizzo. Tipo un collier.


Se è proprio necessario, allora voglio questa!
Il bello di queste situazioni è che, nonostante sia abbastanza sicura che si tratti dei miei genitori, mi sembra di essere vissuta per quasi trent'anni in una realtà parallela e di essere capitata qui adesso per un puro caso. Perché chiunque mi conosca un minimo sa che le volte in cui sono uscita di casa indossando qualcosa di diverso da jeans e scarpe da ginnastica (eccetto quelle in cui sono stata costretta dalle circostanze, leggasi matrimoni) si possono contare sulle dita di una mano; che ho un'incapacità patologica di parlare di fronte a più di tre persone, quindi sono proprio la persona più adatta a tenere un ricevimento in mio onore; e che, fatta eccezione per due anelli e un orologio che mi ha donato mia cugina per la maggiore età, sono così insofferente nei confronti di qualsiasi tipo di gioiello da pianificare di perderlo di proposito.

Questo era il bello. Il brutto è che ho la vaga certezza che si tratti solo dell'inizio.

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